
23Feb, 2021
Essere mamme e donne in carriera spesso è difficile.
A volte le donne rinunciano alla carriera a causa della famiglia e dei figli.
Una ricerca dell’università americana Northwestern ha voluto indagare su quale percorso avessero intrapreso le laureate dell’anno accademico 1993 e a che punto fossero le loro carriere dopo quasi trent’anni. I risultati sono stati sorprendenti.
Il Pew Research Center riferisce che il 10 per cento delle madri altamente istruite (quelle che hanno conseguito un master o superiore) rimane a casa, mentre il 37% donne delle donne che si sono laureate nel 1993, costituiscono una percentuale maggiore del doppio.
Ognuna delle donne laureate alla Northwestern in quel periodo intendeva fare carriera dopo aver avuto dei figli. Erano, tra le altre professioni, scrittrici televisive, insegnanti, cantanti liriche, manager di pubbliche relazioni, avvocati, consulenti di gestione, raccolta fondi e consulenti finanziari. Molti hanno descritto la loro decisione di rimanere a casa come una vera sorpresa anzitutto per se stesse.
Che diventare madre cambi la propria visione del mondo non è certo una novità. Ma mentre alcune donne sono tornate in ufficio, altre hanno deciso di cambiare la loro vita diventando madri a tempo pieno.
Politiche in adeguate?
C’è chi sostiene che il problema sia nelle politiche inadeguate in materia di congedo di famiglia che inibiscono i progressi professionali delle donne. Bisogna tuttavia dire che nelle interviste effettuate nessuna donna ha dichiarato: “Non ho avuto alcun congedo di maternità, quindi mi sono licenziata”, oppure: “Il mio congedo di maternità era troppo breve, e ho dovuto dimettermi”. In realtà, la maggior parte delle intervistate è rimasta relativamente soddisfatta delle loro prestazioni di maternità. Piuttosto, si sono riscontrati fattori che, nel complesso, le prospettive di avanzamento di carriera sarebbero state ridotte o addirittura compromesse.
Donne in carriera al bivio
Una minoranza delle donne intervistate ha descritto un legame fisico ed emotivo con i loro figli che non riuscivano a conciliare con il ritorno al lavoro. Questo è stato il caso di donne che hanno contribuito in modo significativo al reddito familiare e che si sono sentite stimolate e impegnate nel loro lavoro.
Un avvocato di uno studio legale di Kansas City ha dato alla luce il suo primo figlio pochi anni dopo essere diventata socia dello studio. Con l’aiuto di una tata era pronta a iniziare a lavorare non appena il suo congedo di maternità fosse terminato. Durante il congedo, andava in ufficio una volta alla settimana.
Dopo qualche settimana si è resa conto di non essere più “quella di prima” poiché non riusciva a “dare il 100 per cento” come avveniva in precedenza. Anche se lo studio le avrebbe permesso di mantenere lo status di socia concedendole il part-time o lo smartworking, attraverso la possibilità di fare un lavoro online da casa, sostiene che non poteva immaginare di non essere disponibile per i suoi clienti 24 ore su 24; né poteva immaginare di lasciare che qualcun altro si prendesse cura di suo figlio durante il giorno.
Così è entrata in lacrime nell’ufficio del suo supervisore e ha dato le dimissioni: “Sapevo che stavo rinunciando ad una grande opportunità” ha riconosciuto.
Un’insegnante avvertì una sorta di interruttore scattare in lei dopo essere diventata madre di due figli: “Non avrei mai pensato che avrei voluto stare a casa con i miei figli, mai. Ma poi sono andata a un colloquio di lavoro dopo la nascita della mia prima figlia e ho pianto per tutto il tragitto verso casa. Ho chiamato e ho detto loro che non volevo il posto. Sono stata fortunata, perché mio marito ha guadagnato abbastanza soldi da permettermi di stare a casa”.
Rinunciare al guadagno
Per altre donne è stato ancora più difficile, in quanto hanno avuto i loro problemi nel barcamenarsi tra rinuncia all’entrata economica sicura derivante dallo stipendio perso, e problemi emotivi ed esistenziali oltre che pratici, quali la frustrazione della rinuncia ad un futuro lavorativo stimolante, la rinuncia all’entrata economica e quindi alla dipendenza che le porta a “pesare” sulle spalle dei mariti, oltre che al conseguente disequilibrio mentale e mancata soddisfazione personale – solo parzialmente colmata dall’amore dei propri figli – che spesso ha portato ad un disequilibrio familiare e all’incrinarsi dei rapporti con il partner.
La perdita delle aspirazioni di carriera
Per coloro che avevano un lavoro poco remunerativo o non soddisfacente, molte hanno dichiarato che “per loro aveva senso” continuare a lavorare. Una di queste intervistate era una cantante che lavorava nelle vendite all’UBS sbarcando il lunario tra un’audizione e l’altra. Suo marito è un avvocato che si occupa di pianificazione patrimoniale, e così, data la stabilità economica familiare dovuta dal lavoro di lui, ha lasciato il lavoro verso la fine della sua prima gravidanza. A quel punto aveva abbandonato la carriera musicale.
Una caratteristica comune tra le intervistate che hanno scelto di rimanere a casa, è quella che il loro lavoro non era sufficientemente flessibile per adattarsi alla vita di un nuovo genitore; non pagava abbastanza per coprire i costi della cura dei figli; o semplicemente non era poi così appagante.
La ricerca svolta ha dato ennesima conferma del fatto che le donne non sono ricompensate al lavoro alla pari dei loro colleghi maschi. Le donne sono promosse più lentamente, sono giudicate più duramente e, spesso, non sono retribuite allo stesso modo.
Uno studio del 2010 condotto da professori del MIT e dell’Università dell’Indiana ha rilevato che le organizzazioni la cui cultura enfatizza la meritocrazia quando si tratta di bonus e promozioni si rivolgono prevalentemente agli uomini.
Gli ostacoli alle mamme e donne in carriera
Nel loro libro “What Works For Women at Work”, Joan Williams e Rachel Dempsey identificano gli ostacoli che quasi tutte le donne incontrano sul lavoro, evidenziando come, mentre gli uomini sono spesso assunti in base al loro potenziale, le donne sono invece giudicate in base alle prestazioni passate.
Poche donne intervistate hanno indicato il sessismo come fattore di abbandono della carriera lavorativa, tuttavia il tema del sessismo sul posto di lavoro è spesso anche sottile. Tendiamo ad ascoltare storie di sessismo sfacciato, estremo, piuttosto che dare importanza a casi meno eclatanti. Come ha detto Ann Friedman sul New York Magazine: “In tempo reale, è difficile essere sicuri di cosa sia il sessismo”.
Spesso donne non consenzienti rispetto ad avances inappropriate e “lasciate intendere in modo non esplicito” si trovano a vedersi superate nelle promozioni e nelle ambizioni da uomini spesso meno esperti e meritevoli e così molte di loro, quando arriva il momento della gravidanza, si sentono deluse dall’esperienza lavorativa e preferiscono rinunciare alle prospettive di carriera per restare a casa con il neonato.